Blue as Gold
Curatorial text by Frida Carazzato (IT, FR), 2017
“Il romanzo di Ulisse non poteva che svolgersi in mare, perché il mare, questo cammino mobile e mutevole, è il luogo dove avviene il distacco dalla realtà, dove fiorisce il fantastico, il surreale, l’onirico, la fascinazione, l’ossessione, dove la ragione si oscura e trovano varco i mostri.”
Vincenzo Consolo, Mediterraneo. Viaggiatori e migranti, edizioni dell’asino, Roma, 2016, p. 7
Partendo da un’immagine ci sarebbero infinite storie da raccontare. Lo stesso Calvino, in quello che viene considerato il suo testamento – ovvero Le lezioni americane del 1985, pubblicate postume nel 1988 -, annovera, tra le sei virtù da salvare per il nuovo millennio, la visibilità. Ma quante storie possono scaturire da un’immagine e viceversa convergere? Che rapporto si stabilisce tra fotografia, nuovi strumenti tecnologici che prendono parte all’elaborazione del linguaggio artistico contemporaneo e il mondo che si vuole raccontare? I nuovi media sono dispositivi che modificano e mediano la nostra relazione con le immagini determinando così anche il modo con cui specifiche problematiche odierne vengono narrate.
I progetti di Nicolò Degiorgis documentano attraverso l’immagine non solo le minoranze o piccoli gruppi di individui che vivono ai margini della società, ma anche i modi con cui queste comunità hanno saputo crearsi un proprio ambiente e spazio vitale. Attento a ritrarre un territorio o un paesaggio facendo emergere l’aspetto poco conosciuto o peculiare, lo sguardo di Nicolò Degiorgis mette in luce, senza troppa enfasi, elementi che non fanno parte dell’immaginario collettivo. La sua pratica artistica è caratterizza da due processi che prendono parte all’elaborazione dell’immagine fotografica: la mappatura e l’astrazione. Per mappatura non si intende semplicemente il tracciare linee e punti su un piano, bensì raccontare il farsi stesso del lavoro, individuare i singoli elementi, analizzarli e porli su di un piano; il processo di astrazione permette di individuare i legami tra questi elementi, elaborarne le connessioni ed infine raccontare il paesaggio che così si forma. E’ successo per Hidden Islam, il progetto fotografico iniziato nel 2009 che si presenta come una mappatura dei luoghi di culto utilizzati dai musulmani residenti nel nordest della penisola italiana; per Peak, dove ad essere classificate sono le montagne che costituiscono il paesaggio dolomitico; per Oasis Hotel libro-percorso che racconta e mappa gli interni e gli esterni dei circa 500 km di strada che attraversano tra nord a sud il deserto del Taklamakan in Cina; per Heimatkund, la restituzione in negativo del quaderno personale dell’artista sul quale imparò a conoscere la propria “haimat” come materia scolastica. Ognuno di questi progetti ha assunto la forma di un libro edito da Rorhof, casa editrice dell’artista.
Per il progetto Le Tunnel, nato dalla residenza di Nicolò Degiorgis presso l’Istituto di Italiano di Cultura di Parigi, l’approccio non cambia ed ad essere mappata e sottoposta ad un processo di astrazione è l’immagine del mare, e in particolare il suo attraversamento da parte delle persone che migrano verso e attraverso l’Europa. Degiorgis opera nello spazio espositivo come se un suo ipotetico libro fosse stato squadernato occupando con i suoi contenuti le stanze neoclassiche dell’edificio in rue de Varenne.
Utilizzando soltanto immagini provenienti da internet di barche trasportanti migranti, Nicolò Degiorgis le priva della loro geolocalizzazione e delle informazioni relative alla provenienza delle persone in viaggio, per stamparle così su piccole dimensioni. Metà delle immagini vengono convertite in negativo in modo che dal colore blu delle acque del mare si ottenga il suo colore opposto, ovvero un fondo dorato. Degiorgis trasferisce la moltitudine delle immagine rinvenute dal web, un totale di 320000, sul pavimento delle due sale d’entrata dell’edificio, ricreando così nello spazio reale un mare calpestabile di immagini virtuali che dal blu fluiscono verso l’oro passando sotto una volta celeste di 28 stelle, quanti sono gli stati dell’Europa. Il titolo dell’installazione è Eurotunnel ed è un riferimento diretto alla galleria ferroviaria lunga più di 50 km che unisce la Francia al Regno Unito. Sotto questo tunnel passano merci e passeggeri, ma la maggior parte dei profughi che clandestinamente cercano di arrivare in terra britannica, usano il trasporto via mare. Il cielo d’Europa è la volta del tunnel e quello a cui è sottoposto il visitatore della mostra è un viaggio attraverso il racconto per immagini sui fenomeni migratori a cui è quotidianamente sottoposto in qualità di lettore o telespettatore, e al contempo un viaggio nel concetto di Europa partendo dalle sue frontiere interne. La mostra infatti si riferisce a due luoghi geografici di attraversamento fondamentali per chi cerca di varcare senza documenti i confini tra due stati: quello via mare dalla località di Calais nel nord della Francia a quella di Dover in Gran Bretagna, e quello via terra tra l’Italia e l’Austria, il passo del Brennero. Nella mostra di Parigi il primo è rappresentato da My head under water but still breath fine un dialogo tra un video girato durante un attraversamento via mare del Canale della Manica in cui c’è un capovolgimento continuo tra terra e mare e la fotografia scattata da Degiorgis nel campo profughi di Dunkirk in cui compare la scritta che dà il titolo. Il secondo luogo di confine è invece toccato con la presentazione di questi lavori presso il Museo Plessi situato proprio nei pressi del passo del Brennero, lungo l’autostrada come parte di un progetto di ricerca più vasto che l’artista sta conducendo sul rapporto tra il concetto di “Haimat” e quello di “Patriae”.
Se “Invert” è il comando di Photoshop che converte nel suo negativo i colori di una foto e ha così impreziosito in maniera provocatoria le acque su cui si trasportano pezzi di umanità, “Content aware” è quello che genera a partire dall’analisi di un’immagine una sua moltiplicazione. Applicato alle “originali” imbarcazioni trovate dalle ricerche in internet, Nicolò Degiorgis nell’installazione Content aware traduce in pattern alcune di queste immagini che poi stampate su sottili tessuti di cotone colorano gli stessi richiamando la fantasia delle stoffe africane appese a delle grucce e sottoposte al nostro sguardo di consumatori (ignari) di immagini.
Frida Carazzato
BLUE AS GOLD
by Frida Carazzato, 2017 (FR)
Les projets de Nicolò Degiorgis documentent à travers l’image les minorités ou les petits groupes d’individus qui vivent en marge de la société, mais aussi les manières dont ces communautés ont su se doter d’un milieu et d’un espace vital. Le regard de Nicolò Degiorgis, qui vise à représenter un territoire ou un paysage en faisant apparaître son aspect le moins connu ou le plus caractéristique, met en lumière, sans trop d’emphase, des éléments qui ne font pas partie de l’imaginaire collectif. Sa pratique artistique est caractérisée par deux processus d’élaboration de l’image photographique: la cartographie et l’abstraction. Par « cartographie », nous n’entendons pas simplement le fait de tracer des lignes et des points sur un plan: nous entendons le « faire » même du travail, l’identi cation de chaque élément, leur analyse et leur disposition sur un plan ; quant au processus d’abstraction, il permet de reconnaître les liens entre ces éléments, d’élaborer leurs connexions et, en n, de raconter le paysage qui se forme ainsi. C’est arrivé pour Hidden Islam (2014), le projet photographique commencé en 2009 qui se présente comme une cartographie des lieux de culte utilisés par les musulmans résidant dans le Nord- Est de la péninsule italienne ; pour PEAK (2015), où sont classi ées les montagnes formant le paysage des Dolomites ; pour Oasis Hotel (2014), libre parcours qui raconte et cartographie les intérieurs et les extérieurs d’environ 500 kilomètres de route traversant du nord au sud le désert du Taklamakan en Chine ; pour Heimatkunde (2017), la conversion en négatif du cahier personnel de l’artiste, dans lequel il a appris à connaître sa propre Heimat comme matière scolaire à l’école primaire. Chacun de ces projets a pris la forme d’un livre publié par Rorhof, la maison d’édition de Nicolò Degiorgis.
L’approche reste inchangée pour le projet Eurotunnel, fruit de la résidence de Nicolò Degiorgis à l’Institut culturel italien de Paris: mais cette fois, c’est l’image de la mer qui est cartographiée et soumise à un processus d’abstraction et, en particulier, la traversée de la mer par les personnes qui migrent vers et à travers l’Europe. Degiorgis occupe l’espace de l’exposition comme si l’un de ses livres hypothétiques avait été ouvert et que son contenu occupait les salles néoclassiques du bâtiment de la rue de Varenne.
En utilisant uniquement des images d’embarcations transportant des migrants, prises sur Internet, Nicolò Degiorgis les prive de leur géolocalisation et des informations concernant la provenance des personnes en voyage, pour les imprimer en petit format. La moitié des images sont converties en négatif, pour obtenir, à partir de la couleur bleue des eaux de la mer, sa couleur opposée, c’est-à-dire un fond doré. L’artiste transfère la multitude des images prises sur le web – 320.000 au total – sur le sol des deux salles d’entrée de l’édi ce, en recréant ainsi dans l’espace réel une mer d’images virtuelles sur lesquelles marche le visiteur et qui passent en dégradé du bleu au doré, sous une voûte céleste de 27 étoiles, une pour chacun des États actuels membres de l’Union européenne. L’installation a pour titre Eurotunnel, référence directe à la galerie ferroviaire de 50 kilomètres de long qui unit la France au Royaume-Uni. Ce tunnel est emprunté par des passagers et des marchandises, alors que la plupart des réfugiés qui essayent d’entrer clandestinement en Grande- Bretagne utilisent les transports maritimes. Le ciel d’Europe est la voûte du tunnel et le visiteur de l’exposition est soumis à un voyage qui prend la forme d’un récit par images sur les phénomènes migratoires auxquels il est quotidiennement confronté en tant que lecteur ou que téléspectateur. Mais en même temps, c’est aussi un voyage dans le concept même d’Europe, en partant de ses frontières intérieures. L’exposition se réfère en effet à deux lieux géographiques de passage, fondamentaux pour ceux qui essayent de franchir sans papiers les frontières entre deux États :
le passage par voie maritime de Calais, dans le Nord de la France, à Douvres, en Grande-Bretagne, et le passage par voie de terre entre l’Italie et l’Autriche, le col du Brenner. Dans l’exposition de Paris, le premier est représenté par My head under water but still breath ne, un dialogue entre une vidéo tournée pendant une traversée de la Manche en ferry, présentant un renversement continuel entre la terre et la mer, et la photographie prise par Degiorgis dans le camp de réfugiés de Dunkerque, où apparaît l’inscription qui donne son titre à cette œuvre. Le deuxième lieu de frontière est raconté à travers la présentation de ces travaux au Musée Plessi, situé au col du Brenner, sur l’autoroute, dans le cadre d’un projet de recherche plus vaste que l’artiste est en train de réaliser sur les concepts de Heimat et de Patriae.
L’artiste explore Internet comme une machine productrice d’images, le programme d’élaboration d’images Photoshop comme un instrument à travers lequel s’effectue le processus d’abstraction. La fonction « Invert » de Photoshop convertit les couleurs d’une photo en son négatif – un procédé utilisé dans l’installation Eurotunnel pour embellir, de manière provocatrice, les eaux sur lesquelles on transporte des morceaux d’humanité –, tandis que la fonction « Content aware » génère la multiplication d’une image à partir de l’analyse de celle-ci. En l’appliquant aux embarcations « originales » trouvées lors de ses recherches sur Internet, dans l’installation Content aware Nicolò Degiorgis traduit en motifs certaines de ces images, qui colorent les tissus de coton n sur lesquels elles sont imprimées, évoquant la fantaisie des étoffes africaines, en les soumettant ainsi à notre regard de consommateurs (ignorants) d’images.
Frida Carazzato, Museion